de Anima: la Libertà

La Libertà cristiana

Due sono le caratteristiche, assolutamente innovative ed esclusive della libertà nella concezione cristiana:

  • essere un diritto proprio di ogni persona;
  • essere libertà della volontà, cioè possibilità reale di cambiare il corso delle cose.

La libertà viene all’uomo direttamente da Dio: l’uomo è creato simile a Dio nella Ragione e nella Libertà.

S.Giustino, il primo degli apologeti, scrive, nel 150 d.c.:

Infatti, in principio, [Dio] ha creato il genere umano dotato di ragione e capace di scegliere liberamente la verità e di comportarsi bene…

Giustino (San), Apologie, Prima Apologia, 28, Rusconi, Milano 1995, p. 89.

 

Ma lo stesso concetto troviamo nella Dichiarazione di Indipendenza Americana del 4 giugno 1776:

We hold these Truths to be self-evident, that all Men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty, and the Pursuit of Happiness.

(Noi riteniamo evidenti di per se stesse queste verità, che tutti gli Uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal loro Creatore di certi inalienabili diritti, tra cui Vita, Libertà e Perseguimento della Felicità).

In quanto data da Dio, essa non può essere tolta all’uomo da alcuno. In quanto libertà della volontà essa è in grado di rompere la catena della necessità naturale.

In questo senso la liberta umana (libero arbitrio) è inscindibile dalla ragione.

 

Lume v’è dato a bene ed a malizia

E libero voler..

Dante, Purgatorio, XVI, 75

 

Ecco come Hegel sottolinea la natura essenzialmente cristiana del concetto di libertà:

L’idea della Libertà è sorta con il Cristianesimo. Intere regioni del mondo, l’Africa e l’Oriente, non hanno mai avuto questa Idea, e ancora ne sono prive.  Né l’hanno avuta i Greci e i Romani, Platone e Aristotele, e neppure gli Stoici; essi al contrario sapevano soltanto che l’uomo sarebbe realmente libero per nascita, per forza di carattere, per cultura o per filosofia. Questa Idea è venuta al mondo con il Cristianesimo, secondo il quale è l’individuo in quanto tale ad avere un valore infinito: l’uomo, essendo oggetto e fine dell’amore di Dio, è destinato ad avere il suo rapporto assoluto con Dio come Spirito e a far dimorare entro sè questo Spirito. In altre parole l’uomo è in sé destinato alla Libertà suprema.

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 482Rusconi, Milano 1996, p. 787.

 

Dubbi sulla possibilità di essere realmente liberi

La possibilità della libertà umana di cambiare effettivamente il corso degli eventi è messa in dubbio da diversi fattori, tra  i quali principalmente:

  • La concezione materialista
  • L’ onniscienza di Dio
  • L’ onnipotenza di Dio
  • La concezione idealista

 

Concezione materialista

La materia è soggetta alla legge fisica, per la quale ogni istante è in relazione biunivoca con l’istante precedente, per cui il trascorrere degli eventi è univocamente determinato sia verso il futuro, sia risalendo verso il passato.

Questa concezione fu già di Democrito, il primo materialista, ed è riassunta nella famosa frase di Laplace (Teoria analitica della probabilità, 1812):

Noi dobbiamo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e la causa di quello che seguirà. Un’intelligenza che, per un istante dato, conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata e la situazione relativa degli esseri che la compongono, se fosse abbastanza vasta per sottoporre questi elementi al calcolo, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e quelli del più leggero atomo: niente sarebbe incerto per essa e l’avvenire come il passato sarebbe presente ai suoi occhi.

 da N.Abbagnano, Storia della Filosofia, Vol.II, Parte II, UTET, Torino 1961, p. 569.

 

Dopo Democrito, Epicuro, altro materialista, pensò di porre qualche rimedio a questo rigoroso ed inevitabile corso degli eventi, introducendo il clinamen, cioè una possibile variazione casuale nel movimento atomico. Anche lo scientismo moderno tende a sottoporre lo scorrere degli eventi  a qualche forma di casualità.

E’ però indubbio che necessità meccanica o casualità non sono compatibili con la libertà umana.

Infatti, se il nostro pensiero è un effetto del nostro cervello, esso dipende dalle trasformazioni fisiche (meccaniche, elettriche o chimiche) di questo, e nessuna libertà (intesa come possibilità effettiva di cambiare il corso degli eventi) è possibile. Quando pensiamo di volerci toccare il naso, e lo facciamo, in realtà stiamo eseguendo un ordine del cervello, e il nostro braccio andrebbe da solo al naso, coscientemente o meno.

Questa situazione viene chiarita molto bene da Hume, che identifica la libertà con la semplice situazione fisica di “poter fare quello che si vuole”, ma non della possibilità di vincere la necessità naturale.

Con libertà, dunque, vogliamo significare soltanto un potere di agire o di non agire secondo le determinazioni della volontà; ossia che, se preferiamo restar fermi, possiamo; se preferiamo muoverci, egualmente possiamo… Se si ammette la definizione sopra ricordata, libertà, come opposta alla necessità, non a costrizione, è la stessa cosa del caso; e tutti ammettono che esso non esiste.

D.Hume, Ricerca sull’intelletto umano, Laterza, Bari 96, pp. 147, 149.

 

Libertà, per i materialisti, significa quindi solamente non essere costretti al fare o al non fare, ma ciò che si fa o non si fa, dipende dalla necessità fisica, non da noi.

L’impossibilità di essere liberi in una concezione materialista è uno degli elementi che mi spinge al rifiuto di una simile concezione, che contrasta tanto evidentemente con un factum  evidente dell’esperienza interiore.

 

Onniscienza divina

Dio conosce il nostro futuro. Questo sembrerebbe costituire un ostacolo alla nostra libertà: se Dio conosce cosa avverrà, significa che tutto l’avvenire è già scritto.

Ma la conoscenza di Dio non è dovuta al fatto che Dio veda il futuro, ma che Dio è contemporaneamente in ogni istante del tempo (è nell’eternità) e ci vede in infiniti istanti presenti. Vorrei fare un esempio semplificativo:

 

Io guardo una partita di pallone in diretta. Mentre la guardo, essa è aperta ad ogni risultato, ed è “libera” di finire in qualsiasi modo.

Il giorno dopo rivedo la partita registrata: in quel momento so come andrà a finire. Ma questo non fa sì che la partita, al momento del gioco, non fosse libera. E’ cambiato il mio punto (temporale) di vista: sto guardando dal futuro.

Così Dio non vede il futuro dal presente, ma lo vede dal futuro, come da ogni altro istante temporale: per l’eternità ogni istante del tempo è presente.

Noi invece vediamo la realtà istante dopo istante, e siamo abituati a concepire questa sequenza come intrinseca alla realtà, mentre non è che un modo di vedere.

Così vediamo la nostra libertà scorrere ed attuarsi nel tempo, mentre nell’eternità essa è vista, come ogni altra cosa, dall’inizio alla fine.

La situazione è rappresentata con grande efficacia dal mito di Er, nel finale della Repubblica di Platone: le anime scelgono liberamente il loro destino, e poi le Parche filano loro il destino che spetta a ciascuno. Si tratta di un mito che distingue la realtà fuori dal tempo da quella apparente che si svolge nel tempo.

Quando tutte le anime si furono scelte le vite, nell’ordine del sorteggio si avviarono a Lachesi; e questa a ciascuno dava a compagno il demone che si era scelto, qual custode della vita ed adempitore della sorte prescelta. Il quale anzitutto conduceva l’anima da Cloto, a far confermare, sotto la mano di lei e il volgersi del giro del fuso, il destino che egli si era prescelto; e toccata questa, lo conduceva poi al filo di Atropo per fare immutabile il destino una volta filato…

Platone, La Repubblica, X, XVI, 626, Laterza Bari 1971, p. 352.

 

Erroneamente si potrebbe dire che noi viviamo nel tempo delle scelte che abbiamo “già” fatto. In realtà, nel tempo le scelte le facciamo realmente nel presente. Invece, nell’eternità, le nostre libere scelte si presentano a Dio nel loro intero sviluppo temporale.

 

Ecco come Severino Boezio, senatore romano, messo in catene da Teodorico, e per questo morto nel 526 d.c., chiarisce mirabilmente l’argomento:

Quondam igitur… est autem deus sempre aeternus ac presentarius status, scientia quoque eius omnem temporis supergressa motionem in suae manet semplicitate presentiae infinitaque praeteriti ac futuri spatia complectens omnia quasi iam generantur…considerat.

Itaque, si previdentiam pensare velis qua cuncta dinoscit, non esse praescientiam quasi futuri sed scientiam numquam deficientis instantiae rectius aestimabis.

Quid igitur postulas ut necessaria fiant quae divino lumine lustrentur, cum ne homines quidam necessaria faciant esse quae videant?

(Poiché, dunque… Dio si trova sempre in uno stato di eterna presenza, anche la sua scienza, travalicando ogni mutamento temporale, rimane nella semplicità della propria presenza, e abbracciando tutti gli spazi infiniti del passato e del futuro li contempla… come se avvenissero in quel momento.

Sicché, se vuoi giudicare bene la previdenza, con cui Egli discerne tutte le cose, riterrai più giustamente che sia non prescienza, per così dire, del futuro, ma scienza di una presenza che non viene mai meno…Perché, dunque, pretendi che divengan necessarie le cose che sono investite dalla luce divina, quando nemmeno gli uomini rendono necessarie quelle che vedono?)

 S.Boezio, De consolatione philosophiae, V, 6, 55-65, Rusconi, Milano 1996, p. 231.

 

Onnipotenza di Dio

Se Dio è onnipotente, perché ci permette di fare il male, cioè di opporsi alla Sua volontà? Questo fatto non è lesivo della Sua onnipotenza?

E’ invece proprio grazie alla onnipotenza divina che Dio può crearci liberi. Egli trasferisce in noi una parte di se stesso ed accetta la nostra libertà, perché essa completa il Suo disegno.

Dio, nel dare il suo concorso ordinario alle nostre azioni, segue le leggi che Egli ha stabilito: Dio, infatti, conserva e produce continuamente il nostro essere, in modo che i pensieri ci vengano spontaneamente, ossia liberamente…

Inoltre, in virtù del decreto che Egli ha posto, secondo cui la volontà umana tende sempre a ciò che le sembra bene, …Dio determina la nostra volontà alla scelta di ciò che ci sembra il meglio, senza necessitarla.

G.W. Leibniz, Discorso di Metafisica, § 30, Rusconi, Milano 1999, p. 173.

 

Concezione idealista

Nella concezione idealista, che io condivido, noi siamo pensieri in atto di Dio. Generalmente si pensa che questo comporti l’impossibilità della nostra libertà, perché guidati necessariamente da Dio stesso.

In realtà questo è dovuto ad una visione semplicistica della cosa. Dio ci pensa pensanti e liberi, e lo può fare in quanto onnipotente. La precedente citazione di Leibniz è assolutamente adatta a spiegare anche questa posizione.

Anche Hegel, accusato più di ogni altro di essere contrario alla libertà dell’uomo, sottolinea invece continuamente che la natura stessa dello Spirito é di essere libero.

Formalmente, di conseguenza, L’Essenza dello Spirito è la Libertà…

…lo Spirito può astrarre da ogni esteriorità e dalla sua propria esteriorità, cioè dal suo stesso Esserci.

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 382Rusconi, Milano 1996, p. 639.

 

Vorrei portare un esempio chiarificatore.

Consideriamo un videogioco. Nella sua realtà virtuale vi sono numerosi personaggi, che agiscono ognuno per conto proprio. Se il software è fatto bene, le azioni dei vari personaggi non sono prevedibili neppure al calcolatore che pure fa vivere nella sua memoria il videogioco ed i personaggi stessi. Le decisioni relative sono prese dalle routines software che rappresentano i personaggi al momento dell’azione stessa, in modo non prevedibile né condizionabile dal calcolatore che attiva in se stesso le routines, e neppure dal progettista del software. Queste azioni fanno cambiare il corso del gioco, ed il calcolatore accetta le conseguenti modifiche alle situazioni che si stanno sviluppando.

Nello stesso modo Dio ci lascia liberi di cambiare il corso degli eventi, creato e gestito dal suo pensiero.

 

Liceità di alcune limitazioni alla Libertà umana.

L’attuale cultura liberale accetta come limitazione alla libertà del singolo la uguale o superiore libertà degli altri.

“La nostra libertà finisce dove inizia la libertà altrui”.

Questo è logico ed accettato pacificamente da tutti. Ma altre limitazioni possibili vengono invocate da questa o quella posizione ideologica o culturale.

Tralasciando le limitazioni dovute alle ideologie totalitarie del 900, che vedono nella libertà dell’individuo un ostacolo ai superiori interessi vuoi della razza, della patria o della classe, e che una concezione cristiana e liberale rifiuta in toto, possiamo individuare due tipi di limitazioni che si possono considerare lecite ed in accordo con la natura stessa della Libertà:

  • quelle derivanti dalla indisponibilità dei diritti naturali;
  • quelle derivanti dalla natura stessa della Libertà;
  • quelle derivanti da manifesta incapacità del soggetto;
  • quelle derivanti da difesa dei diritti altrui.

 

Indisponibilità dei diritti naturali

Già nella Dichiarazioni dei Diritti dell’uomo del 700 si sottolineava l’indisponibilità dei diritti stessi, cioè la loro irrinunciabilità da parte dell’individuo.

 

Dalla Dichiarazione dei Diritti della Virginia, adottata dalla Virginia Constitutional Convention il 12 giugno 1776.

… all men are by nature equally free and independent and have certain inherent rights, of which, when they enter into a state of society, they cannot, by any compact, deprive or divest their posterity; namely, the enjoyment of life and liberty, with the means of acquiring and possessing property, and pursuing and obtaining happiness and safety.

(..tutti gli uomini sono per natura eguali ed hanno certi diritti propri, dei quali, quando essi entrano in una società, non possono in alcun modo privare e spogliare la loro posterità [rinunciandovi, ndr]…)

 

 

Troviamo una analoga posizione in Hegel:

Io posso privarmi della mia proprietà solo perché la cosa, per sua natura, è qualcosa di esteriore. Pertanto sono inalienabili quei beni -o meglio, quelle determinazioni sostanziali- che costituiscono la mia persona più propria e l’essenza universale della mia autocoscienza: la mia personalità in generale, la Libertà universale della mia volontà, eticità, religione.

Analogamente, il diritto a tali determinazioni sostanziali è imprescrittibile.

G.F. Hegel, Lineamenti di Filosofia del Diritto, § 65-66,  Rusconi, Milano 19982, p. 165.

 

L’indisponibilità dei diritti viene giustificata in tre modi:

  • Perché i diritti provengono direttamente da Dio. (Spiegazione metafisica)
  • Perché essi sono determinazioni sostanziali di noi stessi, cioè parti costitutive del nostro spirito, e non attributi accidentali. (Posizione di Hegel)
  • Perché rinunciarvi è lesivo dei diritti altrui, mettendoli oggettivamente a repentaglio. (Argomento usato nelle Dichiarazioni dei Diritti)

 

Io aggiungo: la loro rinuncia ci farebbe cessare di esistere come soggetto di diritti, e pertanto perderemmo anche il diritto di rinunziarvi: la contraddizione intrinseca rende impossibile la cosa.

 

Si reputano pertanto lecite quelle limitazioni alla libertà che impediscono di rinunciare alla vita ed alla libertà stessa: non si ritiene lecita la propria vendita in schiavitù; la vendita di propri organi vitali; il suicidio; la rinuncia ai diritti politici (resi dalle leggi talora obbligatori, come il voto);  l’utilizzo di stupefacenti (che limitano la nostra libertà attraverso l’assuefazione) e i comportamenti eccessivamente pericolosi per noi stessi.

Nella nostra società sindacalizzata, siamo stati addirittura privati della libertà di stabilire liberamente il nostro contratto di lavoro, o gli orari del nostro lavoro autonomo.

Gli stessi che sostengono come doverose queste limitazioni, lesive solo dell’interesse materiale altrui, si trasformano di colpo in difensori dell’assoluta libertà individuale, quando si tratti di difendere comportamenti lesivi della dignità della propria persona.

 

Limitazioni derivanti dalla natura stessa della Libertà.

Libertà e ragione sono Diritti in quanto datici da Dio stesso, che ci ha fatto a Sua immagine. Pertanto la libertà è tale solo se riferita allo Spirito ed alle sue attività. Le attività corporali sono invece regolate dalla legge naturale, e quindi soggette alla necessità fisica.

Pertanto i nostri desideri fisici sono soggetti alla necessità, mentre solo la nostra volontà è libera, e solo se riferita ad attività spirituali. L’utilizzo della libertà per la soddisfazione dei bisogni fisici potrebbe essere considerato un uso improprio di questa, e non tutelato dalla sua natura di Diritto naturale. Questa è, suppergiù, la giustificazione a limitazioni della libertà riferita a bisogni corporali reputati degradanti.

Già Agostino fa notare che la Libertà vera è quella del pensiero:

Illud etiam cuivis cognoscere facile est, quod sub homine dominante liberas cogitationes habere concessum est. Illos autem dominos in ipsis mentibus formidamus, qui unus est oculus intuendae ac percipiendae veritatis.

(E’ facile per chiunque constatare che sotto il dominio di un uomo è concesso avere dei liberi pensieri; invece noi temiamo quelli che dominano nella nostra mente, che è l’unico occhio per intendere e cogliere la verità)

Agostino, De vera religione, LV, 111,  Rusconi, Milano 1997, p. 181.

Secondo Kant, ad esempio, solo l’imperativo etico ci sottrae alla necessità della legge naturale, e ci fa veramente liberi: solo esso infatti è totalmente indipendente da sollecitazioni materiali:

…la necessità naturale, che non può coesistere con la libertà del soggetto, inerisce solo alle determinazioni di quella cosa che si trova sottoposta alla condizione del tempo…Ma questo medesimo soggetto.. considera altresì la sua esistenza in quanto non sottoposta alle condizioni del tempo, e se medesimo come determinabile solo mediante leggi che esso stesso si dà, con la sua ragione..

 I. Kant, Critica della Ragion pratica, Rusconi, Milano 1993, pp. 206-207.

 

Cioè, poiché la legge morale prescinde da ogni causa pratica e materiale, esso non è determinato dalla necessità materiale, ed attenendosi ad essa, si rompe la catena della necessità e si è determinati solamente dalla propria volontà razionale.

Anche Hegel vede la Libertà intrinsecamente legata al momento etico, ed è durissimo con coloro che vedono la libertà come condiscendenza all’arbitrio:

La teologia di matrice illuministica, dal canto suo, si è irrigidita nel suo formalismo, cioè nel suo formale appellarsi alla libertà di coscienza, alla libertà di pensiero, alla libertà di insegnamento, e perfino alla ragione ed alla scienza. Tale libertà, non c’è dubbio, è la categoria del diritto infinito dello spirito e costituisce l’altra condizione particolare della Verità, rispetto alla fede. Sennonché, questi teologi si sono ben guardati dal toccare il seguente punto: quali sono le determinazioni e le leggi razionali contenute nella coscienza morale autentica e libera? Quale contenuto hanno e insegnano la libera fede e il libero pensiero? Essi sono rimasti fermi a quel formalismo del Negativo e a quella libertà di riempire la Libertà secondo il proprio capriccio e la propria opinione, al punto che, in generale, il contenuto stesso sarebbe indifferente.

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, Premessa alla 3° edizione,  Rusconi, Milano 1996, p. 81.

 

E sul contenuto etico della Libertà:

L’Eticità è l’idea della Libertà nel senso del Bene vivente, che ha la sua realtà nell’autocoscienza del suo sapere e volere e, attraverso questi, del suo agire…

G.F. Hegel, Lineamenti di Filosofia del Diritto, § 142,  Rusconi, Milano 19982, p. 293.

 

Sulla base del diritto a questa Libertà, l’uomo deve possedere propriamente una cognizione della differenza del Bene e del Male in generale; le determinazioni etiche, inoltre, come pure quelle religiose, non devono pretendere dall’uomo che egli le ottemperi soltanto in quanto leggi e prescrizioni esteriori di un’autorità, ma piuttosto devono avere la loro approvazione, il loro riconoscimento, e persino la loro giustificazione, nel cuore dell’uomo, nella sua predisposizione, coscienza morale, intellezione, …

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 503,  Rusconi, Milano 1996, p. 809.

 

Un tempo, i diritti legalmente determinati di una nazione, sia pubblici che privati, venivano chiamati le libertà di quella nazione. Ogni vera legge è una libertà…

..non vi è rappresentazione più diffusa di quella per cui ciascuno dovrebbe limitare la sua libertà in relazione alla libertà degli altri, e secondo cui lo Stato sarebbe la situazione di questa limitazione reciproca e le leggi costituirebbero le limitazioni stesse.

In rappresentazioni del genere, la Libertà è intesa soltanto come capriccio ed arbitrio accidentale.

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 539 y,  Rusconi, Milano 1996, p. 847.

 

Questi argomenti permetterebbero, ad esempio, di proibire agli obesi di rimpinzarsi a volontà; agli alcolizzati di bere; ai malati di cuore di praticare sport; ma anche a ciascuno di dedicarsi a stravizi o ad attività degradanti, in ciò sorretti dall’opinione di Aristotele:

Gli uomini della massa, i più rozzi, identificano [la felicità] con il piacere, e per questo amano la vita di godimento… si rivelano veri e propri schiavi, scegliendosi una vita da bestie…

Aristotele, Etica Nicomachea, I, 5, Rusconi, Milano 984, p. 57.

 

Non mi nascondo che limitazioni alla libertà individuale motivate da argomenti del genere, anche se teoricamente corretti, sono troppo facilmente manipolabili da chi lo facesse da una posizione di potere, e sono quindi da trattare con estrema prudenza e quasi con ripugnanza.

Si deve infatti pensare che il primo custode di noi stessi siamo noi, non lo stato; non siamo proprietà dello stato, ma di noi stessi. Pertanto l’intervento delle leggi deve essere limitato solo ai casi di evidente ed attuale pericolo per la vita, la libertà o gli altri diritti fondamentali.

 

Manifesta incapacità.

In caso di incapacità del soggetto, si può intervenire sulla sua libertà nel suo interesse e per difendere gli altri.

Così nel caso di incapacità di intendere e di volere, permanente o temporanea (stato di ubriachezza, droga, febbre, ecc.)

Altrettanto per le limitazioni delle libertà dei minori, in quanto non ancora pienamente nel possesso delle facoltà razionali e caratteriali (forza di volontà) e per il pericolo che il loro comportamento crea alla loro futura libertà e salute.

Queste limitazioni sono lecite evidentemente solo nella misura della pericolosità del soggetto e solo per il tempo di durata dell’incapacità.

 

Difesa degli altrui diritti.

Parliamo qui delle carceri e della limitazione alla libertà dovuta all’applicazione di leggi. E’ assolutamente da respingere l’idea che sia lecito limitare la libertà di un individuo per punirlo o per educarlo contro la sua volontà.

Scrive John Stuard Mill, nel suo saggio sulla Libertà :

Quand’anche tutta la specie umana, meno uno, avesse un’opinione, e quest’uno fosse di opinione contraria, l’umanità non avrebbe diritto d’imporre silenzio a questa persona, che questa persona, ove lo potesse, all’umanità tutta.

 J.S.Mill, La Libertà e altri saggi, Bompiani, Milano 1946, p. 46.

 

Lo stato ricava i suoi poteri dai diritti dei singoli cittadini che li conferiscono all’organizzazione statale: pertanto non può avere sul cittadino diritti qualitativamente superiori a quelli del cittadino stesso. Nessuno ha diritto di punire un altro uomo, perché nessuno è veramente in grado di giudicarlo; nessuno ha diritto di forzare la mente o l’opinione di un altro uomo; invece ogni uomo ha diritto di difendere i propri diritti.

Pertanto, l’unico motivo per cui lo Stato può toglierci la libertà è il diritto di autodifesa conferitogli dai cittadini. In tal senso lo Stato agisce attraverso l’isolamento dei cittadini pericolosi e attraverso l’azione deterrente della legge, che previene il compimento dei reati (è per questo che il reato va comunque punito, anche se cessa la pericolosità del colpevole).

 

A mio parere la privazione della libertà di un Uomo può essere lecita solo nel caso egli abbia commesso reati naturali (quelli, cioè, ritenuti male dalla coscienza umana, che corrispondono al danneggiare, direttamente e senza giustificato motivo, il proprio prossimo, cioè al limitare o violare i suoi diritti naturali), e non per reati solamente legali, ordinativi o inerenti al solo funzionamento statale, come invece oggi si tende a sostenere (es. per reati fiscali).

Per tali reati si proceda con strumenti amministrativi: multe, privazioni di servizi, ecc.

 

Ad esempio, è giusto punire col carcere chi commette violazioni al codice stradale che mettono a repentaglio la vita od i beni altrui, ma non chi non paga il bollo, o parcheggia senza scontrino.

 

Al contrario, lo stato, sempre assetato di soldi, tende sempre più a perdonare i reati contro l’individuo (ad es. il furto semplice, ormai praticamente depenalizzato) e ad incrudelire con gride sempre più virulente su chi lo priva di sostentamento finanziario, con il quale le classi politiche e burocratiche si mantengono agiatamente, e si comprano il voto dei propri elettori (nella maggior parte dei casi con i soldi degli elettori stessi).

 

Importanza della possibilità di alcune limitazione alla Libertà

La generale decadenza della nostra società, incapace di esprimere altri valori al di là di un edonismo stolido, e, apparentemente, già condannata ad essere sottomessa da culture più barbare ma più forti e virulente, come l’Islam, rende interessante la discussione su possibili limitazioni alla Libertà umana che preservino i valori stessi per i quali la Libertà viene ritenuta un diritto naturale inalienabile.

La deriva edonista e relativista, generata dalla trasformazione della libertà in licenza ed arbitrio, non trova più alcun limite, neppure nella legge naturale.

Bloccare questa degenerazione senza rinunciare al principio che Dio stesso ha voluto l’uomo libero e padrone del suo destino, è la sfida che forse può salvare la nostra civiltà occidentale, se già lo Spirito (l’Aquila dantesca) non l’ha abbandonata.

 

Lo Spirito universale, però, oltrepassa di volta in volta [la nazione guida], in quanto questa è uno stadio particolare, e allora esso abbandona quel popolo alla sua sorte ed al suo tribunale.

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, §550,  Rusconi, Milano 1996, p. 877.

(indietro)                                                                                                                                 (segue)