de Anima: cosa è l’anima?

Cartesio esprime con l’abituale maestria l’idea vaga ed incerta che si ha dell’anima, per poi offrire la semplice soluzione ad un dubbio così intricato:

 Occurrebat praeterea me nutriri, incedere, sentire, & cogitare: quas quidam actiones ad animam referebam. Sed quid esse haec anima, vel non advertebam, vel exiguum nescio quid imaginabar, instar venti, vel ignis, vel aetheris, quod crassioribus mei partibus esset infusum…

Nihil nunc admitto nisi quod necessario sit verum; sum igitur precise cogitans, id est, mens, sive animus, sive intellecus, sive ratio, voces mihi prius significationis ignotae. Sum autem res vera, & vere existens; sed qualis res? Dixi, cogitans.

(Inoltre mi veniva in mente che mi nutrivo, camminavo, sentivo e pensavo: le quali azioni invero riferivo all’anima. Ma che cosa fosse quest’anima, o non lo percepivo, o immaginavo un non so che di sottile, simile a vento, a fuoco, o a etere, che fosse penetrato nelle mie parti più grossolane…

Non ammetto dunque nulla, se non ciò che è vero in modo necessario; sono dunque, in poche parole,  solamente una cosa pensante. Cioè una mente, o un animo, o un intelletto, o una ragione, termini dal significato precedentemente ignorato. Sono dunque una cosa vera, e veramente esistente; ma quale cosa? L’ho detto, una cosa pensante).

R. Cartesio, Meditazioni Metafisiche, II, 20, 22, Rusconi, Milano 1998, pp. 164-167.

 

L’equivoco sulla natura dell’anima viene dai greci: essi pensavano, ed Aristotele con gli altri, che l’anima fosse il principio vitale: ciò che rendeva vivo un organismo.

Così si pensava esistesse un’anima vegetativa, una sensitiva, ed infine una razionale, ma strettamente legate alle funzioni vitali del corpo cui soprassedevano: avevano perciò un’anima anche le piante e gli animali: solo l’uomo, però, aveva l’anima razionale.

 

Fu Socrate, come sostiene Alfred Taylor, il primo ad identificare l’uomo con la sua anima (ψνχη – psiche), la parte di lui di cui egli doveva avere più cura:

Fu Socrate che, per quanto si sappia, creò la concezione dell’anima che da allora ha sempre dominato il pensiero europeo…

Ora è da notare che troviamo questa concezione dell’anima come sede dell’intelligenza e del carattere, diffusa nella generazione immediatamente posteriore alla morte di Socrate; essa è comune a Isocrate, Platone e Senofonte; non può essere quindi la scoperta di nessuno di loro. Ma è del tutto, o quasi, assente dalla letteratura delle epoche precedenti.

A.Taylor, Socrate, La nuova Italia, Firenze 1952, pp. 98-99.

 

Ottimo uomo, dal momento che sei ateniese, cittadino della Città più grande e più famosa per sapienza e potenza, non ti vergogni di occuparti delle ricchezze per guadagnarne il più possibile, e invece non ti occupi e non ti dai pensiero della saggezza, della verità e della tua anima, in modo che diventi il più possibile buona?

 Platone, Apologia di Socrate, 29 E, Rusconi, Milano 19974, p. 71.

 

L’anima siamo noi

L’anima è la parte spirituale dell’uomo; per un idealista, che crede che tutto sia spirito, è l’uomo stesso. Essa, però, non è una cosa nascosta e misteriosa.

L’anima siamo proprio noi: la nostra autocoscienza, il nostro Io, il nostro pensiero.

Ma che resta di noi?

Rimane ciò che siamo veramente: il nostro io.

Plotino, Enneadi, II 3, 9.

 

Non è però solamente l’Io del presente, quello dell’attimo fuggente, dove ciò che non è ancora diviene ciò che non è più. L’anima è l’intero nostro Io, dall’inizio alla fine, caricato dell’intera sua storia, di tutte le sue esperienze. Da questo punto di vista noi abbiamo una conoscenza parziale della nostra anima, perché conosciamo il passato solo attraverso il ricordo, ed il futuro attraverso la speranza od aspettazione.

Dio, invece, vede e prende contatto con la nostra anima nella sua interezza.

E nella sua interezza l’anima si presenterà a Lui nell’eternità.

 

L’anima è l’immagine di Dio nell’uomo

E ora osserva, Cebete, se da tutte le cose che abbiamo dette non consegue che l’anima sia in sommo grado simile a ciò che è divino, immortale, intelligibile, uniforme, indissolubile, sempre identico a se medesimo…

 Platone, Fedone, 80 B, Rusconi, Milano 19992, p. 165.

 

L’anima è la parte dell’uomo fatta ad immagine e somiglianza di Dio:

una capacità pensante, una immagine di se stessa colta dal proprio pensiero, e l’amore che essa ha per se stessa, che appare sotto forma di volontà e libertà.

L’anima è perciò una immagine, seppur ridotta, della Trinità divina.

 

Cartesio afferma che l’essere noi stati creati ad immagine e somiglianza dio Dio, comporta anzitutto che la nostra autocoscienza è contemporaneamente coscienza di Dio:

Sed ex hoc uno quod Deo me creavit, valde credibile est me quodammodo ad imaginem & similitudinem eius factum esse, illamque similitudinem, in qua Dei idea continetur, a me percipi per tandem facultatem, per quam ego ipse a me percipior…

(Anzi, dal semplice fatto che Dio mi ha creato risulta fortemente credibile che mi abbia fatto in qualche modo a sua immagine e somiglianza, e che io percepisca quella somiglianza, nella quale è contenuta l’idea di Dio, mediante la medesima facoltà, con la quale io vengo percepito da me stesso…)

Cartesio, Meditazioni metafisiche, III, 57-58, Rusconi, Milano 1998, pp. 214-215.

 

Ed ecco come Hegel definisce il processo che si origina dall’anima e termina nell’autocoscienza e nella Ragione:

Nell’anima si risveglia la coscienza, la coscienza si pone come ragione, la quale è immediatamente risvegliata come ragione che sa se stessa. Tale ragione, mediante la sua attività, si libera divenendo oggettività, coscienza del suo Concetto…

L’anima è la sostanza, e quindi la base fondamentale assoluta di ogni particolarizzazione e singolarizzazione dello Spirito, per cui lo Spirito, nell’anima, ha ogni materiale della propria determinazione…

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 387, 389,  Rusconi, Milano 1996, pp. 647, 649.

 

L’anima, e cioè il nostro Io, la nostra autocoscienza, è il modo di singolarizzarsi, di rendersi particolare, individuale, dello Spirito divino: anche qui Hegel vede nel nostro Io una manifestazione divina.

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