il Movimento

Se non vi fosse nulla di eterno, non sarebbe neppur possibile il movimento

Aristotele

 

Senza Movimento, non vi sarebbe Tempo: si tratta di due fenomeni intrinsecamente legati.
Vorrei proporre qui alcune considerazioni, sulla cui validità non ho riscontri, rifacendomi alla scoperta di Max Planck: il Quanto di Azione (ovvero, la costante di Planck).

Planck chiama il Quanto (fondamento della fisica contemporanea) Quanto di Azione. Successivamente questa dizione è stata surrettiziamente trasformata in Quanto di Energia, che si esprime cosi:


Qe = h * f      dove h è la costante di Planck ed f la frequenza dell’onda incidente.
Questa espressione limita il concetto di quanto ai soli fenomeni ondulatori, dove è presente una frequenza.
Ma se utilizziamo il concetto di quanto come quanto di azione (Qa = h), il principio quantistico è facilmente estendibile anche ad un movimento continuo qualsiasi, con risultati sorprendenti.

Prendiamo un corpo che si muove di moto rettilineo uniforme.
La sua Azione si esprime così A = 1/2 m v2  t (cioè il prodotto dell’Energia cinetica per il tempo).
Se l’Azione non può essere minore del quanto, ciò significa che:

1/2 m v2  t  >= h

e cioè (poiché m e v sono costanti) il tempo per il quale si sviluppa il movimento non può essere minore (e deve essere un multiplo) di:

tq = 2 h/(m v2 )
in questo tempo si sviluppa un movimento pari a:
sq = vtq = 2h/(mv)
Tutto ciò significa che il movimento non può essere un fenomeno continuo, divisibile all’infinito, ma che avviene come una successione di balzi elementari sq, che avvengono a distanza di tempo tq.

Raddoppiando la velocità, si dimezzano i balzi quantici e si quadruplica la frequenza.
Poiché non è possibile alcuno spostamento intermedio (A<h), i salti devono essere istantanei, a distanza di tempo tq.  Questo fatto associa intrinsecamente una frequenza 1/ tq ad ogni movimento.
Il movimento sarebbe perciò la successione nel tempo di posizioni immobili.

Questo darebbe una risposta ai famosi Paradossi di Zenone, di Achille e della freccia: se il movimento non è divisibile all’infinito, Achille supera d’un balzo la tartaruga, e la freccia, salto dopo salto, giunge al bersaglio.

 

Consideriamo ora, alla luce di quanto detto, il movimento del fotone.

Si dice che resti un mistero il fatto che il fotone abbia contemporaneamente comportamento corpuscolare e ondulatorio.
Se è vero quanto sopra illustrato, il mistero non è poi così fitto.

Al movimento della particella fotone si associa intrinsecamente un fenomeno ondulatorio identificato dalla frequenza intrinseca al movimento stesso.

Nel caso del fotone la sua Azione è data da:
A = Ef*t

dove chiamiamo Ef  l’energia cinetica del fotone (data sia dal movimento rettilineo, sia da altre componenti, che non mi azzardo a definire).
La frequenza associata al fotone è   f = 1/tq = h/ Ef
da cui si ricava:
Ef = h * f
che è proprio l’espressione energetica del quanto di Planck.

Il quanto di energia non sarebbe perciò altro che l’energia cinetica del singolo fotone.

 

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