Fac ut animae donetur Paradisi Gloria
L’Essere di Dio, il Suo percepirsi come Io, l’Amore che Egli sente per se stesso, il Suo volersi così come Egli si determina, il Modo nel quale Egli si determina, l’Atto del contemplarsi e del piacersi e la Sua infinita beatitudine
si riflettono nella Sua Creazione,
cui Egli conferisce l’Essere, che Egli percepisce, che Egli trova buona, che Egli regge con schemi di infinita perfezione, che Egli contempla esteticamente ed alla quale Egli infonde gioia.
E Iddio vide tutto quello ch’Egli aveva fatto; ed ecco era molto buono.
Genesi, I, 31.
l’Essere, l’Io, l’Amore, il Bene, la Ragione, la Bellezza e la Felicità sono:
- Atti puri dello Spirito
- Sostanza di Dio
- Dio stesso
Cerco di spiegarmi meglio parlando del Bello, ovvero della Bellezza: questo non è una proprietà della cosa che giudichiamo bella, ma un atto del nostro spirito che la contempla come tale. Se la Bellezza fosse nella cosa bella, noi sapremmo definirla prescindendo dal sentimento del Bello. Ma così non è.
Questo atto si origina per partecipazione dell’Atto di Dio che contempla Se stesso, Atto che è la Bellezza e che è Dio stesso.
E’ pur facile vedere che in Dio il Bello esiste nelle due sue nature: di Atto dello Spirito contemplante e di Oggetto della contemplazione, e che le due cose coincidono in Dio stesso: come dice Cusano, Dio è la coincidentia oppositorum.
La stessa cosa si dice dell’Amore, della Felicità, del Bene e del Giusto.
Il Paradiso consisterà nell’essere immersi in questa infinita Gioia, Amore, Bellezza, Bene, Perfezione che pervaderanno tutto il nostro Essere ed il nostro Percepirci come esseri individuali e personali.
- Ragionando tra me e me di queste cose, e nel mio cuore considerando che nell’adesione alla Sapienza si consegue l’immortalità,
- nella sua amicizia buon diletto, nelle opere delle sue mani un’inesauribile ricchezza, nel conservare con essa la prudenza e nel partecipare ai suoi ragionamenti si acquista gloria, io me ne andavo in giro in cerca di lei, affin di farla mia.
Sapienza, VIII, 17, 18.
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