Il quinto nome: RAGIONE

In principio era il Logos, ed il Logos era presso Dio, ed il Logos era Dio

 

La conoscenza umana è formata da due distinti tipi di nozioni: quelle derivate dall’esperienza sensibile e quelle che si presentano alla nostra mente come verità certe di per se stesse.

Possiamo imparare dall’esperienza che le foglie sono verdi, ma apprendiamo in noi stessi che due più due fa quattro, così come ogni altra espressione logica, matematica o geometrica.

Conoscenze matematiche, geometriche e logiche sono dette Verità di Ragione, proprio perché si presentano vere alla nostra Ragione di per se stesse, in contrapposizione alle Verità di Fatto, derivate dall’esperienza.

Esse non sono quindi prodotte in noi dal mondo esterno, ma neppure dalla ragione stessa: la loro universalità e la loro validità al di fuori dal tempo mostrano che non possono derivare da qualche cosa che per natura è singolare e mutevole come i frutti del cervello umano e neppure dell’umana ragione.

 

Il mistero della capacità della mente di apprendere e riconoscere come vere le asserzioni matematiche e geometriche, anche e soprattutto nelle forme più complesse, induce Platone a teorizzare che queste conoscenze, come le altre di natura superiore e spirituale,  siano frutto di un contatto della ragione umana con la sfera del divino (Menone, Fedro).

Il mito della biga alata che sale all’Iperuranio e vede lì le realtà divine gli serve a introdurre la teoria della reminescenza: l’anima umana ricorda e riconosce ciò che ha appreso prima della sua incarnazione.

Hegel sostiene che anche quest’ultimo concetto (la reminescenza) è mitologico, e che il pensiero di Platone indica puramente l’origine divina e spirituale della conoscenza e della ragione.

L’Iperuranio, il luogo sopraceleste, nessuno dei poeti di quaggiù lo cantò mai, né mai lo canterà in modo degno. La cosa sta in questo modo, perché bisogna avere realmente il coraggio di dire il vero, specialmente se si parla della verità. L’essere che realmente è, senza colore, privo di figura e non visibile, e che può essere contemplato solo dalla guida dell’anima, ossia dall’intelletto, e intorno a cui verte la conoscenza vera, occupa  tale luogo.

…ogni anima cui prema di conoscere…quando vede l’essere, si allieta, e, contemplando la verità, se ne nutre e ne gode…

Platone, Fedro, 247 C.

 

Anche Agostino torna a ricercare il mistero della conoscenza umana delle verità di ragione e lo trova nel contatto privilegiato che l’anima umana ha con Dio. Dal fondo dell’anima ci proviene la verità, che noi dobbiamo cercare e scoprire in noi stessi:

Noli foras ire, in teipsum redi; in interiore homine habitat veritas; et si tuam naturam mutabilem inveneris, transcende et teipsum.                                                                    De vera religione,  39, 72.

 

In realtà, il giudizio su qualcosa che si muova in modo ordinato o per un anno o per un mese o per un’ora o per un tempo ancora più breve si esprime sulla base di una sola e sempre identica proporzione… E inoltre, poiché è in base alla legge della quadratura che si giudica quadrata una piazza o una pietra o una tavoletta o una gemma; e ancora, poiché è in base alla legge della proporzione che si giudica adeguato a loro tanto il movimento dei piedi di una formica che corre quanto quello di un elefante che cammina, chi può dubitare che tale legge, che in potenza è superiore a tutti, non è né maggiore né minore in rapporto agli intervalli di spazio e di tempo? Ma, dal momento che questa legge di tutte le arti è assolutamente immutabile, mentre la mente umana, cui è stato concesso di coglierla, è esposta alla mutabilità dell’errore, è abbastanza chiaro che tale legge, che si chiama verità, è al di sopra della nostra mente.

Né si può mettere in dubbio che la natura immutabile, che è al di sopra dell’anima razionale, sia Dio e che dove si trovano la prima vita e la prima essenza là si trova anche la prima sapienza. Questa infatti è la verità immutabile che, a buon diritto, è detta legge di tutte le arti e arte dell’artefice onnipotente.

Aurelio Agostino, De vera religione,  30-31, 57-58.

 

Esiste quindi, per Agostino, un contatto diretto dell’anima umana con Dio, attraverso il quale Egli rivela in noi i principi stessi della ragione, ovvero i principi con i quali Egli dà origine al nostro universo.

 

La Ragione, nelle forme delle Verità universali ed eterne, è perciò la quinta manifestazione sostanziale di Dio in noi, e corrisponde al Modo con il quale Egli regge la Sua Creazione.

 

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