Il secondo nome: PENSIERO di PENSIERO

L’intelligenza pensa se stessa, cogliendosi come intelligibile

 

Questa definizione ci viene da Aristotele:

Da un tale Principio, dunque, dipendono il cielo e la natura. Ed il suo modo di vivere è il più eccellente: è quel modo di vivere che a noi è concesso solo per breve tempo. E in quello stato Egli è sempre. A noi questo è impossibile, ma a Lui non è impossibile, poiché l’atto del suo vivere è piacere…

Ora, il pensiero che è pensiero per sé, ha come oggetto ciò che è di per sé più eccellente, e il pensiero che è tale in massimo grado ha per oggetto ciò che è eccellente in massimo grado. L’intelligenza pensa se stessa, cogliendosi come intelligibile: infatti, essa diventa intelligibile intuendo e pensando sé, cosicché intelligenza ed intelligibile coincidono.

L’intelligenza è, infatti, ciò che è capace di cogliere l’intelligibile e la sostanza, ed è in atto quando li possiede. Pertanto, più ancora che quella capacità, è questo possesso ciò che di divino ha l’intelligenza…

Aristotele, Metafisica, XII, 7.

 

I professori di filosofia contemporanei, non capendo più nulla né di Metafisica né di Aristotele, interpretano che, secondo Aristotele, Dio pensa unicamente a Se stesso, immerso nella propria contemplazione, e nulla Egli sa del mondo né nulla gliene cale.

In tal modo mettono lo Stagirita in plateale contraddizione con se stesso, là dove egli indica in Dio il principio primo della Natura e dell’Ordine dell’universo, contraddizione dalla quale non sanno come trarsi d’impiccio e della quale accusano l’innocente Aristotele.

In realtà il termine Pensiero di Pensiero indica molto più semplicemente l’Autocoscienza, l’Io, così come il famoso brano di Aristotele sopra citato fa capire chiaramente.

Il grande filosofo coglie pure, in questo brano, l’origine divina del Pensiero umano.

 

Dio è quindi l’Io per eccellenza, l’Io assoluto, come lo chiamerà Hegel.

Questa definizione di Dio sarà ripresa dalla Patristica, da Sant’Agostino e dalla Scolastica tutta, che ne farà la base per la dottrina Trinitaria, trovando in Hegel e nell’Idealismo la sua interpretazione moderna.

 

Il nostro Io, la nostra autocoscienza sono manifestazione diretta in noi dell’Io divino: sono il soffio di Dio con il quale ci ha fatto autocoscienti, liberi e razionali, ed a Sua immagine e somiglianza.

7 E il Signore Iddio formò l’uomo della polvere della terra, e gli alitò nelle nari un fiato vitale; e l’uomo fu fatto anima vivente.

               Genesi II,  trad. Giovanni Diodati.

 

L’autocoscienza, cioè la capacità di percepirci come esseri pensanti, è la seconda manifestazione divina che ci investe direttamente, ed è in tale forma che Dio ci trasmette l’Essere.

 

Ora è facile accorgersi che le prime due definizioni fornite sono in realtà coincidenti: l’Io sono non contiene, infatti, solo l’idea dell’essere, ma anche, e soprattutto, l’idea dell’Io, cui viene conferita la qualità di Essere per eccellenza.

Dio è l’Io, l’Autocoscienza pura e prima.

Da questa definizione di Dio traiamo anche la conoscenza che solo l’io autocosciente possiede veramente l’Essere: solo gli Essere autocoscienti esistono.

Le entità prive di coscienza esistono in quanto percepite o pensate dagli esseri coscienti: il mondo in quanto pensato da Dio, e da noi percepito; i nostri pensieri in quanto pensati da noi.

 

Essere e pensare sono la stessa cosa, affermava Parmenide, grande e terribile come lo chiama Platone, all’inizio del pensiero filosofico. Esse est percipi dice Berkley. L’Essere Assoluto è l’Idea che pensa se stessa, dice Hegel.

Ma tutto questo sta già in quella semplice definizione di Sé che Dio fornisce a Mosè ancor prima che i filosofi avessero iniziato a pensarci. Rivelata ad un popolo di pastori che non la comprese è la tradusse in “Egli è”, e che ancor oggi non viene compresa dalla maggior parte di chi la legge.

 

Grandezza di Dio!

 

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